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Lo spezzatino di Liceto dal 1900 ad oggi... (2) PDF Stampa E-mail
Scritto da Carlo   
Lunedì 20 Gennaio 2014 15:42

Sandro PellegriniIl racconto del mitico spezzatino di Liceto, da sempre piatto principe del pranzo di ringraziamento, tratto dal libro di Sandro Pellegrini Mosaico di storie recchesi con qualche divagazione in più.

Un libro dei conti del Quartiere Liceto vecchio di 110 anni rivela una tradizione gastronomica che continua 

Numeri chiari ed essenziali in pagine ingiallite e spesso disordinate. La famiglia di Piero Minuccio è scomparsa dalla lista delle famiglie residenti a Recco in seguito ad una serie di discendenze femminili che hanno assunto il nome dei mariti… e lo hanno trasmesso pari pari ai figli. Uno dei discendenti di Piero Minuccio ha trovato in un angolo della sua casa un bel registro rilegato e fasciato intestato a quel suo lontano ascendente e ci ha cortesemente fornito alcune fotocopie delle pagine di quel “Libro dei conti della sparata del quartiere di Liceto. Imprincipiato l’anno 1901 dal casciere Minuccio Pietro. Recco.” Si tratta di un registro che contiene i conti fondamentali del Quartiere di Liceto, certamente uno dei più antichi di Recco in quanto è citato in alcuni documenti come già esistente fra il 1200 ed il 1300, (quando aveva il nome latineggiante di Lucedo...) assieme a quello, oggi scomparso di Gaggianego, detto Gaglianello che naturalmente in qui secoli lontani non si occupavano nè di fuochi artificiali, nè di sparate…   I conti sono ovviamente in lire e centesimi dei primi anni del ’900. Per potere fare dei rapidi raffronti diciamo che una lira di quegli anni valeva fra le 8.000 e le 7.500 lire odierne, che trasformate in Euro equivalgono a circa 3,5 o 4 euro attuali. Per chi ha la passione dei conti esatti o quasi questi sono i riferimenti. C’è infine, scritta a matita, una serie di conteggi riferiti all’anno 1948, uno dei primi del dopoguerra. Per noi una testimonianza del tempo che fu…   Sfogliando quello storico registro risulta che nel 1902 Liceto partecipò anche ai festeggiamenti di San Giovanni Battista, patrono cittadino, raccogliendo una domenica 20 lire e 80 centesimi ed una seconda 24,20 lire. In totale vennero raccolte 45 lire tonde tonde. Tra le spese compaiono tre sole voci. Per venti kg. di polvere 28 lire, per del vino con cui lenire la sete degli sparatori lire 3,30 e per un mortaretto (scritto “mortaletto”) venne pagata un’altra lira. In tutto 32,30 lire. Rimanevano in cassa 13,30 lire, ma 9,43 di esse servirono a coprire una “mancanza” dell’anno precedente per cui rimanevano in cassa solo 3 lire e 93 centesimi. Tutti i conti di quella sparata (sparata, non fuochi d’artificio, sia chiaro) vennero saldati il 30 giugno. Seguono le firme del cassiere Pietro Minuccio e di Bisso Pietro il quale era “presente.” Lo stesso anno si realizzò una ben più ricca raccolta per le sparate dell’8 settembre, anche se il riferimento a quella data non viene registrato nella pagine che riportano le cifre. Le raccolte avvenivano durante 6 domeniche ed un giovedi precedenti la festa della Madonna.  Con l’avanzo in cassa si raggiunsero le 151,04 lire. Luisa Zerega aggiunse le sue 10 lire, e Giuseppe Massone altre 4,35 per cui la disponibilità del quartiere di Liceto arrivava a 165,39 lire. Qualche anno dopo, era il 1905. i conti registrati erano i seguenti. Per la sparata di San Giovanni Battista vennero raccolte in due domeniche 31 lire. Se ne spesero 25 per 20 kg. di polvere, 3,70 per “n° 12 mortaletti piccoli” e altre 3 lire per “6 mortaletti grossi.” Il conto venne “assardato” il 28 giugno come risulta dalle firme di Pietro Minuccio e Pietro Bisso. Quell’anno per l’8 settembre si raccolsero 203,37 lire e se ne spesero 205,90, con un ammanco di lire 2,37. La quarta domenica la raccolta superò le 50 lire mentre il giorno della festa si raccolsero altre 16 lire e 20 centesimi. Le spese vennero suddivise tra 100 kg di polvere per cui si spesero 129,50 lire, 39 lire andarono per i fuochi d’artificio, altre 3 lire per ulteriori 2 kg. di polvere, si fece un prestito di 10 lire senz’altra specificazione e si acquistarono 2 “bottoni nuovi” spendendo altre 6 lire. Per pane e carne si spesero 7 lire e 90 centesimi, 2 lire per della focaccia e 8 lire e 50 vennero investite per acquistare del vino. Non viene detto se quei viveri fossero stati consumati nelle giornate della preparazione di fuochi e “botti” o in una giornata di festeggiamenti dopo la giornata della festa, come vedremo meglio più avanti. Tutte le spese vennero saldate il 24 settembre.  L’anno seguente, 1906, in cinque domeniche successive si raccolsero 243,84 lire per l’8 settembre. E se ne spesero 194,25 per polvere, fuochi d’artificio, 7 mortaretti, pane e carne, focaccia e vino. Rimasero in cassa 49,59 lire che depurate delle poche lire di passivo dell’anno precedente consentirono di tenere un attivo di 47,22 lire. I conti vennero chiusi il 30 settembre con le solite firme di Pietro Minuccio e Pietro Bisso.  E così per qualche anno a seguire. Nel 1907 alcune particolarità: 14 e 18 lire vennero raccolte andando a segare l’erba dei boschi. Le raccolte nelle botteghe e lungo le strade cittadine vennero divise fra 4 domeniche, 2 sabati ed un giovedì. Per concludere abbiamo visionato anche i conti relativi all’anno 1948, con la lira che aveva già altri valori. Il registro venne scritto anche quell’anno a matita. Vi compaiono tra le entrate le somme realizzate con forniture di legna e trasporto della stessa nelle case dei recchesi, con lo scarico di vagoni alla stazione ferroviaria, segature di boschi, sistemazioni di terreni castagnati ed una raccolta fra gli aderenti al quartiere. Un minuscolo esempio della vita cittadina attorno ad uno dei suoi quartieri. Quando ancora la festa di sparate e di fuochi d’artificio si svolgeva nei boschi che coronavano la vecchia Recco ed anche quella appena risorta dalle distruzioni dalla guerra, nelle immediate vicinanze delle case del quartiere di riferimento. È giusto ringraziare chi conserva queste importanti memorie e le fa conoscere.  Che lo spezzatino di carne non sia un piatto assurto a livelli di nobiltà nella gastronomia ligure lo sanno bene a Recco non solo i gestori dei famosi ristoranti della Capitale gastronomica della Liguria ma anche le semplici e brave massaie locali alle prese ogni giorno con padelle e piatti. Nessun manuale della gastronomia in voga da Ventimiglia a La Spezia riporta come piatto tipico del nostro buon mangiare regionale un piatto di spezzatino. Eppure si tratta di una preparazione a base di pezzi di carne di bue, di vitello o di maiale, da cui il nome di spezzatino, che si può rifinire in vari modi: in maniera classica con le patate e la salsa di pomodoro, ma anche con i piselli, i fagioli, le cipolline, i peperoni, macchiati o meno dal pomodoro. Un piatto universalmente noto sulle mense di tutta Italia ed universalmente apprezzato il cui uso pare ristretto oggi all’interno delle sole mura domestiche. Come dicevano i vecchi un piatto da carrettieri e da operai, in grado di domare i grossi appetiti della gente che spendeva formidabili energie nel lavoro di ogni giorno. Un piatto abituale anche sulle tavole di molte trattorie...ed oggi sparito da qualsiasi menù che voglia farsi leggere ed apprezzare, lasciato solo alle cure domestiche delle mani femminili quando vogliono servire una pietanza completa, in grado di soddisfare ogni palato e domare la fame di uomini e ragazzi radunati alla mensa casalinga.  Un piatto che chi ha fatto il servizio militare apprezza due volte, se fa i confronti con quelli che venivano serviti alla truppa fino a qualche anno fa. Lo spezzatino di carne è un piatto che a Recco gode ancora di un buon ricordo e di una seria tradizione ultracentenaria ancor oggi presente negli usi annuali del Quartiere di Liceto. Ne ha dato una simpatica conferma l’uomo stampa e pubbliche relazioni del Quartiere, Carlo Guglieri il quale ha precisato come nei vecchi registri delle spese di quel Quartiere, riferiti ai primi anni del ’900, quella voce di spesa ripetuta tutti gli anni, accanto a quella della polvere da sparo per i mortaretti ed a quella dei fuochi d’artificio si riferiva alla preparazione dello spezzatino sociale. Una voce che suona “carne” seguita da una altrettanto esplicita che dice “vino” significano il pranzo sociale degli addetti alle sparate ed ai fuochi. Non vedendo alcuna connessione fra le spese per organizzare lo spettacolo pirotecnico e generi alimentari l’inconscio curioso poteva pensare si trattasse di bistecche da fare alla brace… prima, durante o dopo lo spettacolo, per togliere la fame e la sete agli sparatori. Invece l’informatissimo Carlo Guglieri che segue da sempre, aiutato dai ricordi del padre, le vicende del suo Quartiere, che è poi anche quello di altre centinaia di recchelini, ha spiegato come quella carne si continui a comperare anche ai giorni nostri. Si tratta di materia prima tagliata a pezzetti, o a tocchetti, carne da spezzatino, che si cuoce in un sugo denso cui si aggiungono delle patate che lo addensano ancor di più e che costituisce il piatto forte della cena per i festeggiamenti che il Quartiere di Liceto fa dopo la Messa di ringraziamento del giorno che segue la festa, per tenere uniti quanti hanno collaborato alla buona riuscita degli sforzi per una bella sparata e dei magnifici fuochi d’artificio in onore della Madonna patrona e i più attaccati dei quartieranti. Nel libro dei record gastronomici della città rivierasca si può con buona ragione aggiungere uno spezzatino antico più di un secolo, fatto in grandi quantità dal Quartiere di Liceto per calmare la fame dei suoi appassionati all’indomani dei festeggiamenti in onore della Madonna. Ce lo conferma un vecchio registro dei conti. E scusate se è poco, come direbbe qualcuno…

 
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